La Legionella è un batterio recente, ovvero scoperto relativamente da poco tempo e tutti ormai ne conoscono la storia. All’origine di tutto c’è l’epidemia che colpì alcuni legionari americani di Philadelphia.
Nel luglio del 1976 alcuni legionari americani di ritorno da una convention a Philadelphia cominciano ad ammalarsi e a mostrare strani sintomi: polmonite e febbre oltre i 41°C.
Quell’anno, l’America celebrava il bicentenario della separazione dalla Gran Bretagna e di 200 anni come nazione libera e indipendente.
Nulla sembrava turbare quegli afosi giorni di fine luglio 1976 quando 4000 partecipanti, in gran parte appartenenti all’American Legion, si riunirono nel lussuoso Bellevue-Stratford Hotel di Philadelphia (Pennsylvania, Usa), sfilarono e parteciparono ai cocktail party organizzati durante un raduno, ignari del fatto che la loro banale, innocua e, fino a quel momento, anonima “rimpatriata” sarebbe passata alla storia.
I primi giorni di agosto comincia a circolare addirittura la notizia che alcuni di questi uomini sono morti, mentre altri continuano a rimanere in ospedale, dove lottano per sopravvivere.
Nessun test di laboratorio riesce a scoprire la causa della malattia, che presto diventa nota con il nome di “morbo dei legionari”. All’inizio si brancola quindi nel buio.
Dopo i ripetuti avvertimenti della possibilità che un’epidemia devastante colpisca senza preavviso, l’amministrazione dell’allora Presidente Ford programma, quindi, vaccinazioni di massa contro un nuovo ceppo di influenza, conosciuta come influenza suina.
Ciò determinò la nascita della bufala secondo la quale tutto era stato progettato per favorire il sostegno alle vaccinazioni contro questa influenza, come tra l’altro sta accadendo oggigiorno con le fake news dei complottisti della Covid-19 .
Questi casi misteriosi sono inizialmente osservarti con un certo scetticismo. Poco prima dell’estate, era stato prodotto un bollettino in cui si menzionava la scoperta di una nuova malattia, spesso fatale, la Pantosomatite, che si stava diffondendo negli Stati Uniti orientali. Ma, in realtà, non si scoprirono mai casi connessi a questa malattia.
Giusto per non farsi mancare nulla, circolavano anche voci che indicavano come l’epidemia fosse stata causata da terroristi attraverso mezzi chimici o microbiologici, o addirittura che si trattasse di un esperimento della CIA andato male.
Nei giorni successivi alla convention di Philadelphia, intanto, il bilancio della malattia sale e si assesta a 221 casi, di cui 34 morti. Viene appurata che non è influenza.
Ma allora che malattia può essere?
I primi test esclusero l’avvelenamento da metalli. Altri esperti di diverse discipline cominciano ad attenzionare anche un certo numero di tossine e gas velenosi.
Una sostanza in particolare, il nichel carbonile, è stata a lungo tenuta in considerazione dai ricercatori, ma solo per un motivo imbarazzante: una contaminazione durante le procedure di analisi dei tessuti.
Le iniziali tracce di nichel non sono state poi considerate valide, a causa della probabile contaminazione dovuta dall’uso di strumenti di metallo durante le autopsie. Ai patologi viene quindi ordinato di usare coltelli di plastica.
Ci sono voluti dei mesi per capire che la malattia era causata da un batterio, la Legionella pneumophila, che si era diffuso attraverso il sistema di aria condizionata dell’albergo (nello specifico le torri evaporative).
Verso la fine del 1976, infatti, un avveduto microbiologo del Centers for Disease Control (CDC), Joseph McDade, ebbe l’intuizione giusta. Qualcosa non gli tornava, era ossessionato dall’idea che gli fosse sfuggito qualche particolare.
Tornò quindi a riguardare i vecchi vetrini, contenenti tessuto di cavie inoculate con materiale biologico proveniente dalle vittime.
Passò minuziosamente al setaccio ogni vetrino, cercando ogni eventuale particolare che potesse aver trascurato, fino a quando non trovò quello che stava cercando. Un minuscolo ammasso di microrganismi a forma di bastoncino, macchiati di rosso dalla sostanza chimica aggiunta ai vetrini per far risaltare i batteri.
Eccitato dalla scoperta, iniziò a cercare conferme, verificando tutti i campioni prelevati dalle vittime e riscontrandone la presenza ovunque.
I batteri rilevati non erano allora conosciuti dalla comunità scientifica, cosa che aveva un fondamento, stante il fatto che fino a quell’estate nemmeno la malattia era nota alla scienza.
Uno studio successivo scoprì che i batteri si erano riprodotti nell’acqua di una torre di raffreddamento del sistema di climatizzazione dell’Hotel Bellevue-Stratford. I frequentatori della convention, probabilmente, avevano inalato piccolissime gocce di acqua contaminate da Legionella, situazione che provocò la malattia nei soggetti più anziani o comunque immuno-compromessi oppure suscettibili per altre cause (diabete, broncopneumopatia cronica, fumo di sigaretta ecc…).
Grazie a questa scoperta, si capì che prima del 1976 si erano verificati altri casi di epidemia di Legionella. Nel 1965 al St. Elizabeth’s Hospital, un ospedale psichiatrico di Washington DC, 81 pazienti mostravano i sintomi di una malattia respiratoria e 14 di essi morirono. La sorgente dell’infezione fu attribuita allora alla polvere proveniente da uno scavo del cortile e trasportata dal vento.
Alcuni studi sierologici condotti 12 anni dopo, invece, permisero di diagnosticare con accuratezza la malattia (fu rilevata la sieroconversione per Legionella pneumophila nel 85% dei casi).
Si scoprì addirittura che il patogeno in questione era già stato isolato nel 1947, anno in cui morì un soldato del North Carolina per una polmonite non identificata. Oggi, invece, sappiamo che dalla polmonite da Legionella si guarisce con una terapia tempestiva a base di antibiotici.
In Italia, il primo focolaio epidemico degno di nota si verificò nel luglio 1978 in un albergo sul Lago di Garda, ove fu riscontrata la presenza del batterio in un gruppo di turisti danesi: furono colpite in totale 10 persone (3 casi certi più 7 probabili).
Nel 1979 in un albergo di Lido di Savio (RA) si verificarono, tra giugno e settembre, 23 casi (con 2 decessi) in turisti italiani. Nella medesima località, ma nel 1981, si riscontrarono 18 nuovi casi. Altri 5 l’anno successivo, nel 1982.
Tali situazioni, ripetute nel tempo, spinsero le autorità sanitarie ad attivare un programma di sorveglianza territoriale.
La prima grande epidemia in Italia però, causata da una torre di raffreddamento si è verificata nell’agosto del 1995 a Sestri Ponente (GE) con 34 casi confermati. In quella occasione i casi di malattia vennero individuati in un raggio di 3 km.
Dal 1997 al 2018 si è passati da 79 a 2964 casi di legionellosi (quasi tutti confermati), passando da 2 a ben 50 casi per milioni di abitanti.
L’italia è, ad oggi, il paese con il più alto tasso di notifica d’Europa (la media europea, infatti, è di circa 18 casi per milioni di abitanti e la media nel resto del mondo è di circa 15).
La spiegazione di questo risiede in molte cause. Sicuramente l’Italia è uno dei paesi più efficienti per quanto attiene il processo di segnalazione della malattia (che ricordiamo essere sottoposta a sorveglianza sanitaria nazionale dal 1983).
Inoltre, c’è da considerare anche che l’Italia è uno dei paesi con l’età media più alta e quindi con un numero di soggetti a rischio ragguardevole (il 64% dei casi riguarda gli ultra 60enni).
Ė vero anche che la scarsa cultura della prevenzione e gli esigui investimenti in termini di sicurezza sul lavoro, rispetto ad altri paesi, possono tradursi in gestioni manutentive e adeguamenti impiantistici non proprio efficienti.